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Alla ricerca del pane perfetto

di Alice
Alla ricerca del pane perfetto
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È da quando ho iniziato a fare il pane con il lievito madre, che ho in testa un certo tipo di pane. Sin da subito, volevo che fosse alto, gonfio, panciuto, con la crosta bruna, croccante, piena di vescicole; e un’orecchia aperta, alta, pronunciata; e dentro una mollica soffice ma non gommosa, piena di alveoli grandi, regolari, ben distribuiti, magari rotondi. E in ultimo ma non per ultimo, un pane dal gusto distintivo, aromatico, appena acido, e dal profumo travolgente.

Il tempo

Pensavo che avrei potuto raggiungere questo obiettivo nel giro di qualche sfornata, non mi aspettavo che sarebbero trascorsi tre inverni prima di sentirmi vagamente vicina all’obiettivo. Certo, nel mezzo c’è stata una lunga pausa dovuta all’arrivo di un figlio nella mia vita, ma è comunque molto più tempo di quanto avrei immaginato.

Il piacere

La cosa affascinante però, è che non mi stanco mai.
Mi ritrovo a ripetere sempre la stessa sequenza di azioni, allo scopo di produrre lo stesso pane, con il solo obiettivo di ottenerne uno migliore di quello precedente, secondo il mio personalissimo criterio di perfezione. E provo piacere. Un piacere immenso.

È come meditare. È come entrare in contatto con la terra, e con me stessa. È molto simile a una ricerca interiore. Che mi dà pace. Nonostante i continui e frustranti fallimenti.

Perché è brutto quando sforni un pane sgonfio, o pallido, o senza orecchia, o acido, o gommoso, o privo di alveoli. È brutto anche quando assomiglia tanto al pane che vorresti ma non è ancora il pane che vorresti.

Però ti piace anche, quell’idea lì, che sei sulla strada giusta. E che hai ancora un’ottima scusa per continuare il viaggio.

Le variabili

Comunque, non sono del tutto corretta quando dico che ripeto sempre la stessa sequenza di azioni. Il gioco, in verità, consiste nel cambiare una sola variabile alla volta, per capire in che misura è quella ad impattare sul risultato finale. Il punto, tuttavia, è che nella produzione del pane col lievito madre, le variabili sono innumerevoli, e alcune di queste mai in pieno controllo. Succede quindi che mentre vuoi provare un solo cambiamento, ne avvengono almeno altri due contemporaneamente, e non sai cosa ha portato cosa. E così… via! Si riparte! Ci riprovi di nuovo, e di nuovo, e di nuovo ancora.

L’esperienza

Non so quanti libri ho letto sull’argomento, quanti gruppi Facebook ho consultato, quanti suggerimenti di abili panettieri ho seguito. Ma per qualche ragione ciò che gli altri dicevano di fare, con me non funzionava, non in maniera adeguata o sufficiente alle mie aspettative.

Col tempo ho imparato che leggere, studiare, ascoltare, confrontarsi, è fondamentale. Ma niente di tutto questo serve senza un procedere per prove ed errori, senza accettare l’idea del fallimento, senza la perseveranza, senza, in altre parole… l’esperienza.

I sensi

Perché sono convinta che tutti possono fare il pane. Ma solo chi è disposto a mettersi in suo ascolto, a imparare a sentirlo, senza fretta, può arrivare a produrre il pane perfetto.

Io, ultimamente, mi illudo di esserci vicina. Chissà se è vero. O se mancano altri tre inverni.

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