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Autolisi, cos’è e a cosa serve

di Alice Buda
Autolisi, cos'è e a cosa serve
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Che cos’è l’autolisi? A cosa serve? È davvero necessaria? Quanto deve durare? Va utilizzata sempre?

Queste sono alcune delle domande che mi sono posta all’inizio del mio percorso nella panificazione con lievito madre, e che mi sono portata dietro per molti mesi, per non dire anni. La letteratura a riguardo è a mio avviso scarsa, poco chiara, a tratti sommaria e spesso contraddittoria.

Così, l’unico modo per capirci qualcosa, è stato sperimentare. Ho seguito le indicazioni di tutti gli autori dei libri che ho letto, e di tutti gli appassionati panificatori che seguo in rete, e, di volta in volta, ho osservato cosa accadeva. Finché non sono arrivata alle mie personalissime conclusioni. Che come spesso dico in questo blog, non vogliono essere la verità assoluta, ma la mia verità, ovvero quello che funziona bene per me. E quello che funziona bene per me ad oggi. Magari domani scoprirò altro, capirò di aver travisato qualcosa. Ma questo fa parte del gioco. E mi piace essere in continua evoluzione.

Data questa premessa, cos’è l’autolisi?

Cos’è l’autolisi

Nella panificazione l’autolisi è quel procedimento che consiste nell’unire la farina a una certa quantità di acqua, impastare quel tanto che basta per far sparire ogni granello asciutto di farina, e lasciar riposare questa sorta di pre-impasto per un tempo variabile che può andare dai 20 minuti fino alle 24 ore.

Lo scopo di questo procedimento è quello di innescare l’auto-disgregazione delle cellule contenute nella farina, e attraverso il processo fermentativo, demolire le proteine, liberare gli zuccheri e favorire la formazione del glutine.

A cosa serve l’autolisi

Perché usare l’autolisi? Per più di una ragione:

  • Il lieviti si nutrono di zuccheri, e ne avranno sin da subito una quantità maggiore. Ciò significa che la lievitazione inizierà prima e sarà più consistente. L’impasto risulterà più areato, più voluminoso, più soffice.
  • La formazione del glutine sarà avviata prima del processo meccanico, ovvero dell’impastamento. Ciò significa che i tempi di lavorazione dell’impasto saranno sensibilmente più brevi, con un’incordatura più facile da raggiungere.
  • L’impasto finale risulterà più liscio, più omogeneo, più asciutto.
  • Qualcuno dice che aumenta anche la conservabilità, ma non ve lo so dire visto che il mio pane in tavola non dura mai così a lungo per fare la prova! 😉

A mio parere, l’aspetto più utile dell’autolisi risiede nei primi due punti. E per questo, è una procedura di cui non faccio quasi mai a meno. Di certo è per me un passaggio fondamentale nella produzione del mio pane ad alta idratazione (oltre il 75% di acqua sulla farina).

Autolisi con il lievito madre

Ma si può aggiungere il lievito madre in fase di autolisi?

Qualcuno lo fa. Anche la ricetta originale del Tartine Bread, presente sul primo volume pubblicato da Chad Robertson, indica di inserire il lievito in fase di autolisi. Ma onestamente non trovo la tecnica né filologica, né pratica, né utile. E vi spiego il perché.

Non è filologica perché come dicevo il processo di autolisi mira a preparare un facile accesso allo zucchero per i lieviti. Se noi diamo ai lieviti la farina e l’acqua non ancora degradati, non godranno di questo beneficio.
Non è pratico perché amalgamare farina, acqua e lievito insieme senza però impastare richiede più lavoro meccanico.
Non è utile perché per mia esperienza pratica non apporta un beneficio superiore all’impasto né al pane finito, se non il rischio di una maggiore acidità.

Quindi io non aggiunto mai il lievito madre in fase di autolisi, né integralmente, né parzialmente. Anche se per quest’ultima ipotesi, mi riservo di fare altri esperimenti.

Acqua e farina in autolisi

Quantità di acqua e farina

Quanta farina e quanta acqua vanno usate per fare l’autolisi?

L’autolisi (ufficialmente) andrebbe fatta con tutta la farina e una percentuale di acqua pari al 55% del totale di acqua previsto dalla ricetta. Io però, utilizzo sempre almeno il 60% sul totale della farina. E in pani fino al 75% di idratazione, utilizzo anche tutta l’acqua prevista. Per quelli superiori al 75%, l’ultima parte l’aggiungo a piccole dosi, durante l’impastamento.

Durata dell’autolisi

E quanto deve durare l’autolisi?

Le prime istruzioni che avevo letto andavano dai 20 minuti alle due ore, e per molto tempo mi sono attenuta a questo range di tempo. Poi ho iniziato a variare, sperimentando a seconda dell’occorrenza, e arrivando anche alle 24 ore. Per me, la durata più funzionale ed efficace, va dalle 3 alle 6 ore, a seconda del tipo di farina che utilizzo e di come mi viene più comodo in relazione ai miei impegni. Di base, 3 ore sono ottimali. 6, vanno ancora bene. Questo almeno per farine forti e anche piene di crusca, adatte per i pani ad alta idratazione e lunga lievitazione che faccio io.
Se si usa la farina di semola rimacinata, preferisco un autolisi più breve, di circa 2 ore. Per farine più deboli (quelle per impasti diretti) basta mezz’ora.

Quando iniziare l’autolisi

Detto questo, io solitamente metto in autolisi l’impasto poco dopo aver rinfrescato il lievito madre liquido la mattina, calcolando che con un rapporto di 1:2:2 a 27°C ci impiega circa 5 ore (il mio lievito arriva a 3 volte e mezzo il suo volume iniziale).

La temperatura dell’acqua

A che temperatura deve essere l’acqua per l’autolisi?

Io solitamente opto per un’acqua attorno ai 22-24°C d’inverno e sui 16-18°C d’estate. Per me è importante che tutti i processi di degradazione si avviino agilmente, senza però rischiare di arrivare al momento dell’impasto con una temperatura iniziale già alta.

Conservazione dell’impasto

A che temperatura va tenuto l’impasto mentre è in autolisi? E come va conservato?

Io lo lascio sul banco di lavoro, con la temperatura che c’è. D’inverno non mi pongo nessuna questione. D’estate, con il gran caldo, bisognerà tenere conto che anche il lievito sarà pronto prima, e quindi l’autolisi sarà più corta come più corto è il tempo che serve per arrivare al picco del lievito madre. Dunque, nessun problema.

L’importante è tenere coperto il contenitore dell’impasto, con coperchio non ermetico o con un telo adeguatamente inumidito. Quello che può accadere infatti, stando tante ore esposto all’aria, è che l’acqua evapori eccessivamente e quindi che il peso e le proporzioni dell’impasto cambino sensibilmente. A me è capitato, ed è piuttosto fastidioso!

Conclusioni

Detto tutto ciò, non mi viene in mente altro da aggiungere. Spero di non essermi dimenticata qualcosa di importante. In ogni caso resto disponibile per domande, chiarimenti e confronti.

E come sempre, mi riservo di aggiornare in futuro questa pagina, in base all’esperienza che confido di continuare a maturare nel tempo, magari anche grazie a voi! 🙂

Approfondimenti su Autolisi

Autolisi nell’impasto del Panettone

Lo sapevi che è possibile utilizzare la tecnica dell’autolisi anche per l’impasto del Panettone (e di Pan Brioche, Challah ecc.?). Se vuoi sapere quando e come farla, puoi leggere l’articolo “Autolisi nell’impasto del Panettone“. (aggiornamento del 15/07/2021)


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