Tabella dei contenuti
Questa Guida al Panettone vuole essere un approfondimento alla prima Guida al Panettone pubblicata su queste pagine nel 2019. A fronte dell’esperienza fin qui accumulata, tramite impasti, studi e consulenze fatte, penso ci sia tanto in più da dire, da dire meglio, da puntualizzare. Soprattutto per chi ha già una certa confidenza con il lievito madre e gli impasti e non è più alle prime armi.
Trovo inoltre sia necessario fare dei distinguo in base al tipo di attrezzatura e strumentazione che si ha a disposizione.
L’idea è di strutturare questa guida divisa per argomenti, in modo che sia di più facile consultazione. Data la sua inevitabile lunghezza, a contrario della prima Guida al Panettone, sarà divisa su più pagine. Sarà mia premura raccoglierle tutte sotto una sezione apposita, in modo da facilitarne la consultazione.
Si tratta in ogni caso di una guida in divenire, in quanto sarà approfondita e aggiornata periodicamente, probabilmente anche nell’impaginazione e struttura.
Spero di cuore vi possa essere utile nei vostri impasti Panettone (simili a quelli Colomba, ma un po’ diversi da quelli Pandoro, di cui parlerò meglio in altra sede).

Quanto tempo prima preparare la pasta madre
Molti, anzi, moltissimi, si prendono cura del lievito madre solido solo in prossimità del Natale o della Pasqua, ovvero quando la pasta madre deve entrare in funzione per la produzione dei grandi lievitati. Per questo mi sento spesso fare la domanda: “Quanto tempo prima va rimessa in funzione? Quanto tempo ci vuole per rimetterla in salute?”. Questo perché solitamente nei mesi di pausa finisce disidratata, o in frigorifero, o in stato liquido da convertire poi a solida.
La mia esperienza oggi mi dice che non c’è un tempo fisso che vale sempre e per tutti. La risposta corretta è che dipende dalla pasta madre, da come stava quando è stata messa a riposo, e da qual è stato il metodo di conservazione nel periodo di inutilizzo.
Una pasta madre disidratata ad esempio richiede appena un paio di giorni per tornare in funzione, e non più di una settimana per essere al suo meglio.
Una pasta madre tenuta in frigo per tanto tempo, potrebbe richiedere anche un mese per ritrovare il suo antico splendore.
Mentre una lievito madre liquido richiede almeno tre settimane per riconoscersi nella sua nuova dimensione solida.
Quindi è consigliato muoversi sempre per tempo, e iniziare a occuparsi quotidianamente della pasta madre circa un mese prima di iniziare a impastare i panettoni e le colombe. Ciò tuttavia non esclude che si possa risistemare in meno tempo, o che talvolta ce ne voglia di più (soprattutto se non si ha ancora abbastanza esperienza con la lettura e il bilanciamento della pasta madre).
Numero di rinfreschi della pasta madre
I rinfreschi preparatori della pasta madre (quelli al caldo, che si fanno il giorno del primo impasto) possono essere tre, ma anche due, o anche solo uno. Sebbene la tradizione italiana voglia che si rinfreschi per tre volte di seguito, oggi è dimostrato ampiamente che è possibile ottenere ottimi risultati anche con solo due rinfreschi, e in alcuni casi anche solo uno. Tutto dipende (o quasi tutto) dalla condizione della pasta madre il giorno della produzione. Se si tratta di un lievito madre curato quotidianamente in modo ottimale, non avrà bisogno di essere particolarmente sollecitato, rinvigorito o “addolcito” per dare il meglio di sé. Se il rinfresco notturno è stato fatto su misura, e preso nel giusto momento, avremo tra le mani una pasta madre già quasi pronta. Cosicché procedere con tre, due o un solo rinfresco dipenderà da noi, i nostri gusti, i nostri tempi, la nostra voglia di metterci alla prova ed eventualmente il tipo di prodotto che vogliamo ottenere.
Diciamo che in linea teorica effettuare più rinfreschi consecutivi al caldo serve più per smorzare le acidità e/o controbilanciarle, piuttosto che per rinvigorire i lieviti. Infatti è noto che con una sequenza eccessiva di rinfreschi ravvicinati, i lieviti tendono più a indebolirsi che a rinforzarsi (soprattutto se si sbaglia a valutare il momento giusto per rinfrescare). Quindi se non abbiamo già, di primo mattino, un lievito vigoroso, difficilmente lo diventerà nell’arco di tre rinfreschi.
L’altro elemento per decidere quanti rinfreschi fare è la ricetta che andremo a seguire. A seconda di com’è bilanciata, può esserci utile avere un lievito madre più o meno forte (in lieviti e in acidità), e questo può essere determinato – insieme al metodo di rinfresco, al rapporto di rinfresco e al momento di utilizzo – anche dal numero di rinfreschi. Se nella ricetta che avete deciso di seguire, non è indicato il metodo di gestione e di rinfresco della pasta madre, tenete presente che in linea generale, nella gran parte dei casi, un lievito equilibrato e in buona salute, lavora bene su tutti i tipi di ricetta. Semplicemente potreste ottenere un risultato il cui gusto, consistenza o estetica si discosta sensibilmente dall’originale, ma non per questo da considerarsi un prodotto venuto male.
Il bagnetto il giorno del primo impasto
Sebbene la gran parte delle ricette di panettone indicano di fare il bagnetto alla pasta madre prima di procedere con il primo rinfresco, mi sento di dire che a fronte di un lievito madre pienamente in salute e ben bilanciato, il bagnetto non è necessario.
Questo può essere molto utile qualora si sospetti un’eccesso di attività dei lieviti, piuttosto che un eccesso di acidità lattica. Oppure se lo si vuole portare velocemente ad una temperatura più alta rispetto a quella del riposo notturno. Tuttavia non ho riscontrato mai differenze di qualità nell’impastamento piuttosto che nel prodotto finito, laddove il bagnetto alla pasta madre non sia stato effettuato.
Personalmente lo consiglio in caso di “dubbi”, ma se ci si sente sicuri della propria pasta madre è un passaggio non obbligatorio e non determinante.
Il volume della pasta madre
Una pasta madre ben attiva e in salute, solitamente è in grado di raggiungere un volume massimo pari circa al triplico. Tuttavia se si ferma a 2.7x o eventualmente a 2.5x può trattarsi comunque di una pasta madre in grado di dare ottimi risultati. L’importante è che sia ben bilanciata nelle acidità e che venga presa nella sua fase logaritmica, cioè in fase ancora di crescita, poco prima del suo massimo. Questo garantirà all’impasto una spinta lievitante adeguata e anche una corretta acidificazione.
Sebbene il problema più sentito sia quello di una pasta madre che “non cresce abbastanza”, non è infrequente ritrovarsi con un lievito madre che cresce troppo, ovvero che spinge molto oltre il triplico, e magari in tempi molto celeri. Anche in questo caso c’è un problema che va tenuto in considerazione, al pari di un lievito pigro che cresce poco o troppo lentamente. Ad esempio una conseguenza frequente di un lievito troppo attivo, è un’acidificazione eccessiva del primo impasto, che quando arriverà a volume avrà un pH già troppo basso (anche pari a quello del lievito madre a fine maturazione).
Quindi l’obiettivo è ottenere una pasta madre che cresce nei tempi previsti fino a raggiungere un volume, rispetto a quello iniziale, tra il 2.5x e il 3x.
È normale se in una sequenza di tre rinfreschi a caldo, all’ultimo giro il volume è un po’ inferiore rispetto ai primi due. L’importante è che la differenza non sia eccessiva e il valore finale rientri nel range sopra indicato.
Pasta madre lenta
Ci sono alcune paste madri un po’ pigre. Ovvero non mostrano un particolare sbilanciamento nelle acidità lattiche, e apparentemente sembrano a posto. Ma risultano evidentemente lente nel crescere di volume, ed oltre un certo livello proprio non riescono ad andarci. Quando questo avviene c’è sicuramente un problema di acidità lattica, ma non necessariamente solo quello e non necessariamente è il più importante. A volte non si è lavorato bene per rinvigorire i lieviti, altre volte magari si sta usando una farina sbagliata, con proprietà non adeguate o non conservata con rettamente. Qui l’impasto può comunque incordare correttamente, acidificare al punto giusto quando raggiunge il giusto volume, ma metterci tempi molto più lunghi, compromettendo un po’ i tempi di produzione e la struttura finale del Panettone.

Pasta madre veloce
Ci sono a contrario paste madri particolarmente veloci, capaci di superare ampiamente il 3x di volume e di farlo in tempi molto celeri. Da un lato questo può risultare entusiasmante ma spesso comporta problemi in fase di lievitazione dell’impasto, il quale sovente cresce troppo velocemente e acidifica ancora prima. Quando questo accade c’è un problema di acidità acetica in eccesso, ma probabilmente anche un eccesso di forza complessiva dei lieviti nella pasta madre. È necessario quindi intervenire per smorzare tale vitalità.
Il ph della pasta madre
Come sappiamo il pH indica l’acidità complessiva della pasta madre (ma non ci dice quanta acidità lattica e quanta acidità acetica ci sono, e in quali proporzioni). Questo valore può essere utile per capire il grado di maturazione del lievito madre dopo il rinfresco.
Idealmente, a fine maturazione, dopo il riposo notturno, dovrebbe misurare pH 3.85-3.95, mentre a fine maturazione di un rinfresco al caldo, finalizzato alla produzione, dovrebbe restituire un pH 4.10-4.20.
È importante tenere presente che questi valori sono sì importanti per la produzione di un grande lievitato, e conoscerli è utile per capire il punto di maturazione della pasta madre e il momento ideale per rinfrescarla o utilizzarla in impasto. Ma un lievito madre che misura il pH corretto, non è necessariamente un lievito madre in salute, bilanciato e pronto per la produzione.
Ci sono paste madri che non maturano nel tempo previsto, e che sembrano non raggiungere mai valori di acidità adeguatamente bassi. Quando questo avviene la soluzione non è attendere tutte le ore necessarie per veder comparire quel numero nel proprio pHmetro, bensì è decidere di rinviare il primo impasto e procedere all’analisi del lievito madre, capire che problema ha e risolverlo prima di entrare in produzione un altro giorno. Lo stesso vale per quelle paste madri che acidificano troppo velocemente, o la cui acidificazione non va di pari passo con l’aumento di volume. Questi sono tutti segnali di problemi, che se non risolverete subito, li pagherete in fase di impastamento, lievitazione, cottura o raffreddamento.
In altre parole, la pasta madre deve prima superare la vostra analisi sensoriale, e solo poi, o solo parallelamente, sfruttare l’informazione data dal pHmetro.
Pasta madre equilibrata, lattica o acetica
La pasta madre può considerarsi adatta ad un grande lievitato quando è equilibrata, ovvero con un rapporto tra acidità lattica e acidità acetica pari a 3:1.
Tuttavia è possibile ottenere dei buoni prodotti anche quando è virata leggermente di più verso il lattico piuttosto che verso l’acetico. L’importante è che questi viraggi siano contenuti, pena la compromissione dell’impasto, della lievitazione, della cottura, del raffreddamento o della conservazione.
Una pasta madre leggermente troppo lattica può allungare i tempi di impastamento, restituire una maglia meno tenace, più umida e più lucida, e far penare di più soprattutto durante il secondo impasto. Il risultato però può essere comunque buono, con un interno probabilmente più chiuso e compatto, ma anche una maggiore conservazione del prodotto finito.
Una pasta madre leggermente troppo acetica a contrario, può accorciare i tempi di impastamento, restituire una maglia più tenace, opaca, e velocizzare la prima lievitazione. Il risultato può essere buono, e in parte entusiasmante, anche per la maggiore probabilità di ottenere un interno leggero e alveolato – come piace molto negli ultimi tempi -, ma questo va a scapito della conservazione che può subire una drastica riduzione.
Il bilanciamento della pasta madre dovrebbe sempre essere una scelta, mai un caso. L’obiettivo è quello di poter decidere che tipo di pasta madre vogliamo per il nostro grande lievitato, in linea con la ricetta che vogliamo fare e il tipo di prodotto che vogliamo ottenere. Tuttavia capita a tutti di trovarsi il giorno del primo impasto con un lievito madre che è andato un po’ per conto suo, e lì dobbiamo decidere consapevolmente se ci va bene lo stesso oppure no, e sapere che cosa ci aspetta durante il processo di produzione.
Pasta madre fortemente sbilanciata verso l’acidità lattica
Nel caso la pasta madre sia fortemente sbilanciata verso l’acidità lattica, difficilmente crescerà adeguatamente in volume, e probabilmente offrirà un’alveolatura particolarmente minuta, quasi assente. Con un pH che fatica a scendere.
La conseguenza di questa condizione è da un lato la difficoltà di incordare l’impasto Panettone, con una maglia che tenderà quasi a filare, e che rimarrà attaccata al fondo dell’impastatrice, e un primo impasto che stenterà a crescere. Non è escluso inoltre che il prodotto finito restituisca un sapore un po’ sgradevole, anche acido.
Pasta madre fortemente sbilanciata verso l’acidità acetica
Nel caso la pasta madre sia fortemente sbilanciata verso l’acidità acetica, vedremo una sfogliatura interna pronunciata, con importanti sacche d’aria, una consistenza molto asciutta e un volume che cresce più del desiderato o in tempi troppo celeri. Il pH in questi casi arriva “a destinazione” facilmente, molto prima che i lieviti siano giunti a fine corsa.
La conseguenza di questa condizione è un impasto che fa fatica a incorporare i grassi e una maglia tenace e resistente. La prima lievitazione, di frequente, risulta particolarmente vigorosa, con una crescita di volume più rapida del previsto e/o un pH che scende troppo e troppo velocemente.
