Vi dirò una banalità, ma “temperatura ambiente” non significa nulla. Se qualcuno vi dice che dovete tenere l’impasto o il lievito a temperatura ambiente, o sta andando di fretta o vuole indicarvi volontariamente la strada verso la frustrazione.
Pensateci un attimo: quanti gradi avete in casa la mattina appena svegli? E nel primo pomeriggio? Quanti ne avete al piano terra? E quanti in mansarda? E d’inverno rispetto all’estate? Se vivete in Sicilia, pensate di avere in casa la stessa temperatura di chi vive in Alto Adige?
Dunque, non fatevi trarre in inganno da questa diffusissima dicitura, presente sia in ricette blasonate che in profili social di grandi panificatori. Se non è accompagnata dal numero esatto di temperatura che c’era nell’arco di tempo in cui l’impasto o il lievito sono stati lasciati sul piano lavoro, è fuffa.
Temperatura ambiente, come informazione di sintesi
Solo qualora le indicazioni siano date in modo sintetico, è ammissibile trovarsi davanti ad un vago “temperatura ambiente“. In tal caso l’autore forse vuole solo condividere in maniera approssimativa le caratteristiche principali del procedimento, ma non per questo dilungarsi nel dettaglio dei vari passaggi. In tal caso sta a voi chiedere maggiori spiegazioni se volete replicare il suo panificato. L’importante è che siate consapevoli che provare a fare il medesimo pane senza sapere con quali temperature – in relazione ai tempi – si è lavorato, porterà con ogni probabilità a un risultato diverso (come l’usare farine diverse, impastare in modo diverso, formare in modo diverso ecc).
La temperatura ideale per panificare
Il lievito madre deve stare idealmente tra i 24 e i 27°C. A temperature più basse tende a inacidirsi, a temperature più alte tende a diventare troppo lattico o addirittura a morire. E anche se tra i 24 e i 27° C, rimane in salute, equilibrato, dovete sapere che tra i due estremi ci saranno tempi di raddoppio sensibilmente diversi.
Quindi, anche l’indicazione di tenere il lievito a temperatura ambiente per tre ore piuttosto che cinque, è fumo negli occhi. Perché se avete 24°C ci impiegherà magari 6 ore a raggiungere il picco, se ne avete 27° potrebbero bastarne tre.
E per gli impasti è la stessa cosa. Hanno bisogno di un minimo di calore per avviarsi bene, ma in alcuni casi devono essere piuttosto freschi per consentire un lungo impasto senza che si surriscaldino e si compromettano. Per gestire bene il tutto, dovete conoscere qual è la temperatura ambiente nella quale lavorate, e se non è favorevole, aiutarvi con degli espedienti (acqua più o meno calda, utilizzo di ghiaccio, utilizzo di una cella di lievitazione ecc.).
Diffidate dunque sempre, di chi vi liquida dicendo che per fare il suo magnifico e super alveolato pane ha lasciato lievitare l’impasto per 5 ore a temperatura ambiente senza dirvi quanti gradi aveva in casa (e se sono stati gli stessi durante tutte le cinque ore!).
La verità è che la temperatura è un ingrediente fondamentale nella panificazione, e più è controllata e controllabile, e più è probabile ottenere il risultato che state cercando.
Tenete sul vostro banco di lavoro un termometro da ambiente, uno per misurare la temperatura dell’acqua, dell’impasto, del lievito, e se potete una cella di lievitazione per i rinfreschi del lievito e per gli impasti. E quando condividete con i vostri amici o con il mondo il vostro pane, non dimenticatevi di quei numeri in gradi centigradi, che sono spesso la chiave del vostro successo.